Gli
organici piccoli e atipici (solo, duo, etc.) cominciarono ad apparire
sulla scena della musica improvvisata a cavallo degli anni '60 e '70.
Queste formazioni divennero in breve popolari, in quanto semplici nella
gestione, ma anche e soprattutto perché le esecuzioni in
solo, duo e trio riuscivano a prospettare situazioni originali e
stimolanti, che consentivano a ogni esecutore di esprimersi senza
troppi vincoli di ruolo. Nel jazz degli anni ormai lontani conosciamo
pochi esempi di musicisti impegnati in improvvisazioni solitarie, a
parte i pianisti: Coleman Hawkins, Eric Dolphy e pochi altri.
Cito il Jazz in quanto è la madre di tutte le musiche
improvvisate europee, mentre i padri sono molti, e ben diversi (musica
etnica, barocca, contemporanea, cabaret). Anche per questo gli
angosciosi quesiti tipici degli anni precedenti sulla purezza
jazzistica di ogni pratica improvvisativa si sono via via affievoliti
(ricordiamo le più illustri di queste contese accademiche:
Parker, Coltrane, Coleman).
Oggi ci troviamo a oscillare fra la rinascita dei "radicali liberi",
informali e un po' mascalzoni, e gli integrati bennati e giudiziosi
"che non sporcano per terra".
Nel caso del duo Actis Dato - Dini siamo fortunatamente fuori da
categorie estreme come le precedenti, ma la musica che ci si presenta
ha le caratteristiche positive dell'improvvisazione con diversi gradi
di libertà e insieme di una creazione più
meditata e strutturale. Il tutto è governato da un
equilibrio che a volte è conseguenza di schemi semplici ed
evidenti, ma che sostanzialmente viene raggiunto grazie all'interazione
positiva e al grande affiatamento fra i due musicisti. Il risultato
è vario, piacevole e raffinato, con echi di culture diverse;
una musica "libera che non sporca per terra". Giancarlo
Schiaffini (www.giancarloschiaffini.com)